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Lavorare nel mondo della finanza: una scelta consapevole

di Alessandro Di Lullo | Team Editoriale Mentors4u

In questa intervista il Mentor Dario Manicardi ci racconta il percorso accademico e professionale che lo ha condotto fino al suo attuale ruolo di  Vice President nel team di Structured Credit Trading in Mediobanca a Londra.

1. Raccontaci un po’ il percorso che ti ha portato al ruolo che ricopri attualmente.
Ho studiato scienze economiche e finanza a Milano e a Londra. La prima scelta netta che mi sono trovato davanti è stata tra iniziare un PhD oppure una carriera nel private sector. A questo fine l’esperienza di scambio negli Stati Uniti è stata fondamentale: passare del tempo con dottorandi di una grande università mi ha fatto capire che l’orizzonte lungo e il ritmo lento del PhD non lo rendevano la mia strada ideale. Una volta esclusa la carriera accademica, dal mio punto di vista la seconda scelta da fare a quei tempi era se provare a ottenere un lavoro in banking o in consulting. Sono sempre stato bravo a fare i conti, terribile con le presentazioni e gli essays, e soprattutto mi è sempre piaciuto avere autonomia nel prendere decisioni: in quest’ottica un lavoro di trading sembrava avere le caratteristiche giuste. Londra è sempre stata il centro del settore finanziario europeo e offriva il maggior numero di opportunità per questo settore. Come tanti giovani graduates ho applicato per posizioni entry level in diverse banche; un po’ per caso, dopo una internship in un’altra banca, sono approdato a Mediobanca dove mi occupo di credito strutturato e derivati da 7 anni.
  2. Com'è lavorare in una branch estera di una banca italiana?
Da quel punto di vista è indistinguibile dal lavorare per l’ufficio di Londra di un’altra banca d’investimenti; la differenza con altre banche riguarda più le dimensioni: non abbiamo il bilancio di una banca americana e siamo necessariamente un player più specializzato su alcuni prodotti/asset class. Inoltre, avendo operations molto forti in Italia, è chiaramente più alta anche la percentuale di colleghi italiani. A parte questi due elementi, dal punto di vista dell’organizzazione e del nostro lavoro le differenze sono solo minori.
3. Il tuo pensiero su Brexit? Immagino siano molti i ragazzi che si stanno chiedendo se Londra rimarrà ancora la capitale della finanza europea.
Brexit è ancora in parte un’incognita; nonostante ci sia più visibilità rispetto anche solo a pochi mesi fa, finché il deal non sarà completo e approvato è difficile fare pronostici sulle conseguenze, in particolare per il settore finanziario. Quello che è sicuro è che molte banche stanno riallocando risorse negli uffici periferici e il mercato del real estate non è più tonico e liquido come lo era qualche anno fa, probabilmente scontando una domanda attesa più bassa. Da un punto di vista più personale credo che Brexit abbia fatto ragionare molte persone su come le fondamenta del periodo aureo che Londra ha vissuto negli ultimi anni siano da ricercare almeno in parte nella grande quantità di individui talentuosi, nel settore finanziario ma anche in tanti altri, che è riuscita ad attrarre dall’Europa. È difficile razionalizzare che un paese che deve il suo successo al libero movimento del capitale umano si trovi ora a voler chiudere le frontiere.
4. Quanto valuti importante fare esperienza all'estero (sia a livello professionale che personale)?
Tra i miei amici e colleghi che sono stati lontani da casa per lavoro o studio ho osservato lo sviluppo e il rafforzamento di alcune qualità che reputo fondamentali per una carriera professionale di successo, ma anche per la vita di tutti i giorni. Tra queste mi viene subito in mente lo spirito di adattamento in quanto, quando si è via da casa, si impara a vivere al di fuori della propria comfort zone e a cavarsela da soli. Allo stesso tempo, il rapportarsi in contesti e con sistemi differenti non solo aiuta a sviluppare una visione del mondo più ampia, ma offre anche l’occasione di venire a contatto con un numero maggiore di opportunità e conoscere persone con background e prospettive differenti, che mi ha sempre arricchito molto. Infine penso sia buona norma tendere sempre ad arrivare al meglio nel proprio settore, qualunque esso sia; non necessariamente il meglio è vicino a casa, e spesso fare esperienze all’estero diventa un passaggio obbligato per una crescita professionale completa.
5. Immagina di dover andare a lavorare in una città estera che non sia Londra. Dove andresti e perché?
È una domanda molto pertinente visto che Brexit potrebbe generare una forte ondata di spostamenti di personale soprattutto nel settore finanziario. Il mio sogno è di vivere in una città con il mare, penso spesso a Barcellona, dove si sta creando un ottimo ambiente per il mondo tech/startups, ma non è strettamente percorribile per il mio. Non sono un grande fan dell’Asia e del Middle East, anche se sicuramente offrono opportunità interessanti di carriera e di crescita. A Milano percepisco un piacevole fermento rispetto agli ultimi anni, sarebbe bello che venisse considerata una delle destinazioni ambite a livello globale per più settori. Preferisco Londra a New York e, anche se il trasferimento fosse libero dal non banale ottenimento di un visto, non cercherei di spostarmi. Qualche amico si sta trasferendo in California, destinazione che sicuramente merita una riflessione. In ultima analisi comunque, più che da un puro desiderio personale, penso che la scelta debba essere guidata dal seguire una solida opportunità di carriera.  
6. Un consiglio ai nostri Mentee? Tenete sempre la mente aperta! Anche se gli esami dell’università e la scelta del primo lavoro possono sembrare decisioni fondamentali, tenete sempre una prospettiva ampia sul futuro e un chiaro obiettivo a cui aspirare.

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