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Un viaggio nell’Investment Banking con il Mentor Edoardo Pasinato

di Team Editoriale | M4U

Edoardo è un ragazzo veneto di Bassano del Grappa, ed è un nostro Mentor.Ha un passato da aspirante calciatore, è un grande tifoso juventino oltre che un appassionato di antropologia e sociologia. E ha anche un discreto track record quando si dedica ai fornelli.

Dopo aver terminato il liceo scientifico nel 2005 si è trasferito a Milano, città in cui è cresciuto molto umanamente e dove ha conseguito una Laurea Triennale in Ingegneria Edile e una Laurea Magistrale in Gestione del Costruito, entrambe al Politecnico di Milano, un’istituzione a cui sarà per sempre riconoscente.
La sua esperienza lavorativa è iniziata nell'aprile 2010 con un'internship nella funzione Fund Management di BNP Paribas Real Estate Investment Management SGR. 
Nell'ottobre 2013 è passato in IDeA FIMIT (oggi DeA Capital Real Estate SGR), la più grande SGR immobiliare italiana in termini di masse gestite, dove ha avuto l'occasione di lavorare prima nella divisione Financial Planning&Analysis e successivamente in quella di Business Development. 
Il suo "viaggio intorno al mondo della finanza immobiliare" si è completato con un'esperienza nel team di Real Estate Structured Finance di Société Générale Corporate and Investment Banking (Milan Branch). Nell'agosto 2016 si è rimesso a studiare, iniziando un Master in Business Administration alla Yale School of Management, e dopo un'internship nell'estate 2017 in un fondo di private equity immobiliare newyorkese (Lafayette RE) da luglio 2018 lavora come Associate nell'Investment Banking Division di Goldman Sachs New York, in cui si occupa di clienti dei settori Real Estate, Lodging, Gaming e Leisure. 
 
Gli abbiamo fatto qualche domanda, per approfondire il settore in cui lavora a 360° gradi.
 
Quand’è stato il momento in cui hai capito che l’Investment Banking sarebbe stato il settore in cui avresti voluto costruire la tua carriera?
In realtà è una conclusione a cui sono arrivato “per esclusione”, ma penso che questo abbia più a che fare con la mia personalità, in quanto ho bisogno di avere esperienza diretta di qualcosa prima di poter stabilire se mi piace oppure no. La prima scoperta risale al penultimo anno della mia laurea magistrale in ingegneria, quando mi sono reso conto che la tipica routine della professione ingegneristica (nella sua accezione più propriamente italiana) non era esattamente quello a cui aspiravo nella vita. Era l’autunno del 2009, quando la crisi finanziaria aveva iniziato a mordere pesantemente anche l’Italia, e spendevo una grande quantità del mio tempo a cercare di capire cosa stava davvero accadendo nel mondo. A quel momento posso far risalire la mia “folgorazione” per l’economia e la finanza: nell’aprile del 2010 ho avuto la fortuna di iniziare un’internship da BNP Paribas Real Estate Investment Management e lì ho capito che avevo imboccato la strada giusta. Ho esplorato diverse funzioni nelle mie due esperienze in investment management (asset managementfinancial planning & analysisbusiness development), e sono finalmente approdato in Société Générale nel giugno 2015, in una posizione focalizzata sul real estate financing (acquisition financeloan monitoring, e syndication/securitization).
A quel punto ho maturato il desiderio di colmare il mio deficit accademico in economia e finanza, e ho deciso di frequentare un MBA negli Stati Uniti. Avendo già avuto un’esperienza nell’Investment Banking, ho pensato di utilizzare il mio primo anno di MBA per esplorare un altro ramo professionale molto gettonato dagli studenti di business&management: la consulenza strategica. Posso dire di aver egregiamente fallito in questa missione, che tuttavia ha contribuito a darmi la risposta che cercavo, ovvero quella che l’Investment Banking era davvero l’ambiente ideale per il mio sviluppo professionale. Una strada senza dubbio lunga e complessa, che però mi permette adesso di essere felice e realizzato nel lavoro che faccio.
 
Quali sono le principali attività di un Associate? Quali sono gli aspetti che preferisci del tuo lavoro e che ami particolarmente? Quali invece trovi più noiosi o semplicemente più faticosi?
Premettendo che comunque è una generalizzazione, penso che le principali attività di un Investment Banking Associate siano:
  • Preparare un grande numero di presentazioni principalmente relative a:
    • trend macroeconomici di mercato e specifici settori di riferimento;
    • strategie che un cliente può implementare per risolvere un problema per il quale ti ha contattato, che implicano un’analisi accurata del tema in questione sotto molteplici punti di vista, una valutazione comparata delle alternative disponibili, e solitamente si concludono con una raccomandazione sulla migliore strategia da perseguire
  • Generare idee innovative e identificare approcci creativi da proporre ai clienti con lo scopo di aumentare le loro performances finanziarie
  • Rispondere prontamente alle richieste provenienti dai clienti già in portafoglio, coordinandosi con altre funzioni all’interno della banca per fornire il massimo supporto possibile, con il più alto livello qualitativo raggiungibile
  • Creare, analizzare, e gestire complessi modelli finanziari che sono alla base delle analisi e presentazioni menzionate ai punti precedenti
  • Identificare problemi della più disparata natura (possono essere relative a clienti, a dilemmi che interi settori economici devono affrontare, o anche inefficienze del proprio team), trovare soluzioni potenziali e scegliere la migliore alternativa
  • Formare, coordinare, e supportare gli analisti sia in una dinamica di team ma anche più informalmente sotto il punto di vista della carriera professionale (o banalmente nei problemi della vita di tutti i giorni che ciascuno di noi si trova ad affrontare)
L’aspetto che mi piace di più del mio lavoro, e che mi fa scendere dal letto la mattina, è sapere che avrò costantemente a che fare con problematiche complesse, che richiedono competenze multidisciplinari e un approccio olistico per essere risolte. In secondo luogo, vedere la magnitudo dell’impatto che la mia attività ha sui risultati delle aziende clienti è motivo di grande soddisfazione professionale. Come ultimo, ma qui è una preferenza personale un po’ da “nerd”, sono molto affascinato dai modelli matematici e sicuramente come Associate spendo ancora un buon numero di ore con il mio “amico” Excel.
Tra gli aspetti che invece tollero con una certa sofferenza menzionerei l’impatto che il lavoro ha sulla mia vita professionale, e il dover avere a che fare con numerose dinamiche che di solito sono più afferenti alla sfera della politica piuttosto che alla dimensione aziendale.
L’elevato numero di ore lavorate, il poco sonno, la sovrapposizione tra weekend e giorni lavorativi, l’impossibilità di pianificare la vita personale nel breve termine, sono tutti aspetti che hanno un peso notevole sulla sostenibilità di questo lavoro. Su questo fronte, purtroppo, le cattive abitudini sono rimaste le stesse di quelle di 30 anni fa.
L’altro elemento che spesso mi causa frustrazione è rappresentato dal dover non solo produrre un lavoro tecnicamente di altissima qualità, ma allo stesso tempo anche dovermi preoccupare di gestire relazioni personali (che possono essere sia con altri colleghi, oppure con il cliente) in una chiave più tipicamente politica. Penso che questo dipenda dalla dimensione della banca stessa, e dal fatto che la struttura sia molto gerarchica. Questo secondo aspetto sicuramente ha più a che fare con il mio carattere, ma in fin dei conti penso che io ne possa trarre lezioni molto utili, che possono essere applicate efficacemente anche ad altri ambiti della vita.
 
Nell’ottica di intraprendere una carriera come la tua, quali sono gli step necessari a livello di studi/esperienze?
Su questo punto farei una distinzione tra il contesto italiano e quello internazionale. In Italia, e lo dico pensando alla facilità nel trovare un lavoro nel campo dell’Investment Banking post-laurea, è imperativo aver conseguito almeno una laurea triennale (ma in un buon numero dei casi anche quella magistrale è caldamente raccomandata) con una fortissima esposizione alle discipline economico/finanziarie. Da qui non si scappa.
In ambito internazionale le cose cambiano, e sono le competenze, più che i titoli accademici, a fare la differenza in abito di selezione. Una forte capacità analitica, che può essere conseguita con gli studi più disparati, è essenziale, e dev’essere combinata con spiccate doti comunicative, flessibilità nell’adattamento a diverse condizioni lavorative, e una forte propensione al lavoro di team.
La conoscenza di più lingue, unita ad esperienze internazionali (che possono essere sia di studio che di vita) aiutano sicuramente.
In termini di step, non ne vedo di necessari oltre ai due livelli di laurea. Un bachelor all’estero è sufficiente per diventare analisti, mentre una laurea triennale e un master all’estero probabilmente preparano bene chiunque ad un lavoro in Investment Banking, sia in Italia che oltre confine.
 
Cosa assolutamente non si deve dire o fare quando ci si accinge ad affrontare un colloquio per lavorare nell’Investment Banking?
Per quanto io sia personalmente molto contrario, la causa più frequente che porta all’esclusione di un candidato dal processo di selezione è legata al non aver fatto “una buona impressione”. Mi rendo conto questo sia un concetto estremante soggettivo e persino vago, ma quello che consiglio è di pensare al colloquio di selezione come un momento dove il candidato può massimizzare il proprio successo solo se capisce chi c’è dall’altra parte del tavolo e riesce ad allineare i propri punti di forza con gli aspetti che l’intervistatore considera più importanti.
Sconsiglio vivamente di mantenere un atteggiamento arrogante o troppo sicuro di sé, perché questi sono aspetti che vengono molto penalizzati in sede di disamina della performance.
Ultimo consiglio, e so che può suonare anacronistico: curate la vostra immagine esteriore. Purtroppo (o per fortuna per qualcuno) la sensazione che lasciamo ad un interlocutore nei primi 300 secondi in cui abbiamo una conversazione hanno un impatto determinante sull’opinione che egli avrà di noi. Piaccia o no, va tenuto a mente.
 
Qual è il consiglio che non manchi mai di dare ai tuoi Mentee per affrontare le scelte che si apprestano a fare negli anni?
Ce ne sono due che ritengo fondamentali:
  • Pensate alla vostra carriera come un lungo viaggio, che avrà numerose tappe. Non impazzite troppo sul perfezionare il prossimo passo (l’ottimo è davvero il nemico del bene), ma assicuratevi solo di essere sulla giusta direzione di marcia per raggiungere la destinazione finale. Lasciatevi dello spazio per sbagliare; qualche volta provate a fare una piccola direzione per vedere se il nuovo paesaggio vi piace. La vita professionale riserva delle sorprese quando meno ve lo aspettate, cogliete le opportunità che vi si presentano.
  • Qualunque esso sia, fate un lavoro che vi appassiona davvero, che vi entusiasma e spinge a dare il meglio di voi stessi. La vostra carriera è una maratona che durerà decenni, non perdete del tempo facendo qualcosa che non vi piace. Inizierete pian piano ad odiare voi stessi, difficilmente sarete dei best performers, e gli altri si accorgeranno in fretta che non siete soddisfatti. Non ne guadagna nessuno.
Una passione genuina e una forte motivazione vi faranno arrivare molto più lontano delle “etichette” che molte persone si preoccupano di avere sul proprio curriculum vitae.
 

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