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UNA CARRIERA PER FARE LA DIFFERENZA. Intervista a Anna Maria Levi

di Mentors4u - Carlotta Siniscalco e Giulia Avvanzini | Team Mentors4u

La Mentor Anna Maria Levi, Monitoring & Evaluation officer presso UNICEF, racconta la sua esperienza professionale nel settore della cooperazione internazionale.
 

Raccontaci del tuo percorso professionale: come mai ti trovi in Ghana?
Ho cominciato a lavorare nel settore della cooperazione internazionale allo sviluppo subito dopo la laurea, in seguito a diverse internship ed esperienze di volontariato sia in Italia sia in paesi in via di sviluppo. Ho alternato esperienze in organismi internazionali (Nazioni Unite), in organizzazioni non governative (ONG) e in società di consulenza, e questo mi ha permesso di avere una prospettiva più completa e un’idea più chiara di come funziona il settore. La mia prima esperienza professionale è stata come United Nation Volunteer in Ecuador, presso UNDP (United Nations Development Programme), dove mi occupavo di prevenzione all’HIV. Da lì, dopo un paio d’anni mi sono spostata in Tanzania, a lavorare per una ONG italiana su progetti di sviluppo rurale. Dopo due anni mi sono trasferita in Kenya, all’inizio di nuovo con UNDP, poi ho lavorato con una società di consulenza che offre servizi nel settore no-profit. Sono stata a Nairobi per oltre 4 anni, e adesso sono in Ghana da 9 mesi con UNICEF.
Di che cosa ti occupi esattamente?
Mi occupo di Monitoraggio e Valutazione (M&E) dei progetti di UNICEF in Ghana. Aiuto i colleghi delle diverse sezioni a definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine che vogliono raggiungere con ciascuna delle nostre attività, insieme definiamo gli indicatori di rischio e di successo e i metodi per verificarne il raggiungimento. Faccio anche tanta analisi di dati, e spesso collaboro con il governo a livello centrale e a livello locale per creare competenze nell’uso e nella gestione dei dati e migliorare l’accesso all’informazione su tematiche socio-economiche.
Hai sempre saputo di voler diventare cooperante?
No. Sapevo di volere fare una professione che mi portasse a viaggiare, ad entrare in contatto con mondi e culture diversi e che mi permettesse di continuare ad occuparmi di tematiche sociali, ma ho capito solo “sul campo” che tutto questo me lo avrebbe dato la cooperazione internazionale. In Italia manca ancora una cultura e una conoscenza di questo settore, spesso equiparato al volontariato e per tanto ancora non molto professionalizzato. Viaggiando, ho conosciuto cooperanti seri e preparati e li ho capito che volevo diventare come loro.
Qual è stato il tuo percorso di studio?
Ho studiato economia in Bocconi, cercando di seguire corsi di economia dello sviluppo e di economia internazionale ed integrandoli con diplomi e corsi brevi extra-curriculari, soprattutto all’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). Ho fatto un Master in International Management (CEMS) tra Milano e Barcellona, e ho cercato sempre di sfruttare tutte le opportunità internazionali che questi corsi mi offrivano: durante gli studi sono stata a Cuba, in Cina, in Ecuador, negli USA e in Germania a fare esperienze di studio e di lavoro. Espormi presto a realtà diverse tra loro, imparare davvero bene le lingue straniere e conoscere professionisti in ambiti diversi mi ha aiutato a capire cosa volevo davvero diventare, e focalizzare i miei sforzi nella giusta direzione. Le nozioni di economia, data analysis e gestione mi sono tuttora molto utili, e non sono pentita di non aver seguito un percorso accademico in cooperazione.
Chi ti ha aiutato in questo percorso? Hai avuto dei mentors?
Ho avuto la grande fortuna di incontrare nel mio percorso dei supervisors che si sono rivelati delle incredibili guide e mentors. Il mio capo in Kenya, nella società di consulenza dove ho lavorato 3 anni, mi ha insegnato tantissimo sulla cooperazione parlandomi delle sue esperienze precedenti, aiutandomi con tanto networking e spingendomi in una nuova direzione quando ha capito che era arrivato il momento. Tuttora continua ad essere una grande risorsa quando mi serve una “word of wisdom” sulle mie scelte professionali. Inoltre, adesso in UNICEF posso contare su una relazione di mentorship formale, grazie alla quale parlo mensilmente con una collega in una posizione più senior della mia: è un’opportunità meravigliosa per parlare del mio lavoro quotidiano, confrontarci su tematiche più generali ed ampliare enormemente la mia prospettiva.
Descrivi la tua giornata tipo.
Ogni giornata è diversa dalle precedenti. Con il mio lavoro aiuto tutte le sezioni di UNICEF, quindi di frequente passo da una riunione su tematiche di nutrizione infantile ad un workshop su water and sanitation, e così via. Studio tanto, e mi confronto molto spesso con colleghi in altri country offices in giro per il mondo, per capire come affrontano tematiche simili alle nostre in altri contesti. Passo anche molto tempo con funzionari del governo ghanese, che sono il nostro partner principale. Spesso sono anche in giro per il paese, a visitare progetti e a valutarne l’impatto.
Cos’è del tuo lavoro che ti entusiasma di più?
Negli ultimi 10 anni ho vissuto in 5 paesi, ho fatto delle esperienze straordinarie, ho imparato tantissimo e mi sono fatta trascinare dall’energia e dall’ottimismo tipici dei paesi emergenti. Pur occupandomi di tematiche simili, il mio lavoro in ogni organizzazione e in ogni paese in cui sono stata è stato molto diverso, e mi ha insegnato ad adattarmi, a capire prima di agire e ad essere umile. Mi ha dato e mi dà ogni giorno delle soddisfazioni enormi e mi fa sentire che posso fare la differenza.
Qual è la parte più difficile del tuo lavoro?
C’è tanta burocrazia, e certe dinamiche di questo settore, del tutto inadatte al mondo di oggi, sono molto difficili da cambiare. A volte è frustrante vedere quanto lentamente si possono ottenere dei risultati, per motivi che non dipendono dai tuoi sforzi o da quelli del tuo team, ed è facile scoraggiarsi o smettere di credere di stare facendo la cosa giusta. A livello personale, è difficile abituarsi alle partenze, proprie e degli amici.
Qual è il luogo comune più falso sulla cooperazione?
Tanti sono convinti che sia un mestiere per “gente buona che vuole salvare il mondo”. È senz’altro vero che una motivazione verso il sociale è necessaria, ma c’è molto di più – serve molta preparazione, che ovviamente viene remunerata come in altri settori, e competenze molto specifiche che scarseggiano nei paesi in cui si lavora – ad esempio, le competenze di un infermiere straniero in un paese come il Ghana non solo non servono, ma toglierebbero anche lavoro al personale locale qualificato.
Che consigli vuoi lasciare a studenti interessati a seguire le tue orme?
È un mestiere stupendo che offre tante opportunità, quindi se siete interessati, lanciatevi! Ricordatevi sempre che la preparazione tecnica e parlare perfettamente le lingue sono cose fondamentali: siate umili, non abbiate paura a chiedere consiglio a chi è più esperto di voi e siate disposti a mettervi in gioco e in discussione, sempre. In bocca al lupo!
Anna Maria Levi
Monitoring & Evaluation officer presso UNICEF e Mentor di Mentors4u

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