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Enrico Drago: la carriera in un'azienda di Famiglia diventata Globale

di Mentors4u- Carlotta Siniscalco, Federica Salvati | Team Mentors4u

Abbiamo intervistato Enrico Drago, parte del senior leadership di IGT. IGT (ex Lottomatica) è un’azienda leader mondiale nel settore del gaming regolato, controllata dal gruppo DeAgostini, con quasi 5 miliardi di dollari di fatturato. Enrico fa parte della quarta generazione della famiglia azionista di maggioranza del gruppo DeAgostini.

Enrico, oggi tu sei nel senior leadership team di IGT, leader mondiale nel settore del gaming regolato. Raccontaci da dove hai iniziato.
Ho iniziato il mio percorso accademico all’Università Bocconi, dove ho studiato business administration e fatto un scambio di sei mesi in Argentina. Una volta laureato, ho trovato il mio primo impiego in Spagna, presso un’azienda sulla quale avevo scritto la mia tesi. Dopo qualche tempo mi sono spostato, sempre in Spagna, in una multinazionale di profumeria e cosmetica. Sono stato lì tre anni, e poi ho fatto un MBA alla IESE di Barcellona.

Quindi sei entrato subito nel mondo aziendale. Avevi considerato investment banking o consulenza? Sei contento della scelta che hai fatto?
Sono contento di aver iniziato subito in azienda, però se tornassi indietro cercherei di entrare in un’azienda più grande e strutturata, come ad esempio P&G, Unilever o Kraft. Queste aziende sono “le grandi università di management”, ideali per un neolaureato perché danno una preparazione strutturata e trasversale e spesso hanno programmi di training articolati che non esistono in realtà più piccole, come le prime due aziende dove ho iniziato la mia carriera. La mia esperienza è stata comunque positiva ma senza dubbio ho sofferto la mancanza della scala e della struttura di una grande azienda.
Non ho mai pensato di entrare in investment banking. Ho brevemente considerato la consulenza dopo l’MBA per diversi care il mio curriculum, ma alla fine ho deciso che avrei preferito essere nei panni del cliente che paga le consulting fees!

E dopo l’MBA?
Sei mesi prima della fine del mio MBA mi sono trovato davanti a un bivio. Da una parte c’era la possibilità di lavorare per DeAgostini, l’azienda della mia famiglia. Dall’altra parte c’erano offerte di lavoro da grandi aziende come Vodafone, Phillips e Inditex, che è la capogruppo di Zara.
Ho affrontato questa difficile scelta consultandomi con persone molto più senior di me e che avevano esperienza anche con aziende a capitale perlopiù familiare. Tutti mi hanno consigliato di continuare la mia esperienza “esterna” e che più in alto fossi arrivato “da solo”, maggiori sarebbero state le possibilità di ingresso nell’azienda di famiglia. Un’azienda famigliare è sempre interessata ad assumere familiari che “si sono conquistati i gradi sul campo”. Per questo, nonostante le pressioni di alcuni membri della mia famiglia e nonostante avessi i requisiti necessari per entrare nel management di DeAgostini, ho deciso di accettare l’offerta di Inditex.
Nel 2005 Inditex ha lanciato un programma per formare i futuri general manager delle filiali di Zara (e altre marche) nel mondo. Nel 2007 sono stato selezionato per il programma, insieme ad una decina di altri studenti MBA delle migliori università al mondo. I primi quattro mesi del programma li ho vissuti in negozio.
Ero il Co-manager di uno ZARA a Barcellona: gestivo il personale, aiutavo con l’inventario e piegavo magliette, non esattamente il sogno di un MBA student ma un passaggio molto importante per conoscere il prodotto, i clienti e la cultura dell’azienda. Dopo questo periodo “sul campo” sono entrato in Inditex e poco dopo sono stato mandato in Italia con un ruolo di Chief of Staff del CEO, con compiti molto “operativi”. Uno dei primi che mi è stato assegnato, ad esempio, è stato quello di riorganizzare il dipartimento della logistica e degli acquisti. Dopo qualche mese mi hanno messo a capo di tutte le altre marche al di fuori di Zara, come Pull&Bear, Massimo Dutti e Oysho. Questo ruolo ha rappresentato un’esperienza molto intensa ed ho imparato molto: ero a capo di oltre 200 negozi, team di 50 persone dirette che diventavano 1000 con il personale dei negozi. Grazie a questo ho imparato a gestire le persone. Nel 2011, a quasi 34 anni, sono stato promosso a capo di tutta la filiale Inditex Italia, dove sono rimasto fino al 2014 quando ho deciso di entrare nel gruppo DeAgostini, sia perché pensavo fosse arrivato il momento, sia perché, a quel punto, la pressione familiare rischiava di trasformarsi in incomprensione sul perché non volevo entrare nella nostra azienda.
 
IGT è una delle poche aziende italiane al mondo che è riuscita ad affermarsi a livello mondiale. Come ci siete riusciti?
Un piccolo cenno storico per dare il giusto contesto: nel 2002, il gruppo DeAgostini acquisisce l’italiana Lottomatica per diversificare il proprio business entrando in mercati “regolati”. La relazione tra Lottomatica e DeAgostini è stata fin da subito molto chiara: i manager di Lottomatica erano e sono manager esterni (non della famiglia), mentre il ruolo di DeAgostini si è limitato a quello di attivo e presente azionista di maggioranza. In quegli anni, e grazie anche al lavoro dei manager, la testa dei quali viene, ancora oggi, dal FMCG (Fast- moving consumer goods), l’azienda ha generato un’importante posizione di cassa che si è deciso di reinvestire per crescere ulteriormente, invece che per distribuire dividendi all’azionariato. GTECH Corporation era nel 2005 il primo operatore al mondo di lotterie e fu il target ideale che permise a Lottomatica di espandere il proprio business al di fuori dell’Italia; l’acquisizione è stata completata nel 2006. Nel 2014, continuando con la strategia di crescita e investimento, Lottomatica-GTECH acquisisce International Game Technology (IGT), leader nella produzione di slot-machines e sistemi per casinò. Grazie a quest’ultima grande acquisizione, il gruppo ha completato la propria gamma di offerta ed è diventata leader globale nel mondo dei giochi.
A mio avviso ci sono due fattori fondamentali che ci hanno permesso di costruire IGT: da una parte la visione e l’impegno di DeAgostini come azionista, e dall’altra il team di top manager, esclusivamente esterni alla famiglia azionista (tranne il Chairman), che ha portato a compimento con successo questo grande progetto.

In Italia, l’85% delle aziende sono a conduzione familiare. Tanti giovani devono decidere se e quando lavorare nell’azienda della propria famiglia. Che consigli hai per loro?
Prima di tutto, è importantissimo conoscere sé stessi. Quali sono i tuoi punti di debolezza? Migliorali! E, ancora più importante: quali sono quelli di forza? Sviluppali e cerca di costruire una carriera sulle competenze che meglio riesci a sviluppare. Non forzarti, ascolta il tuo cuore e le tue passioni! Nel mio caso, per esempio, ho sempre saputo di essere un po’ meno forte sugli aspetti analitico- quantitativi (e quindi mi circondo di persone che hanno queste competenze), mentre sono più solido dal punto vista manageriale e di “emotional intelligence”. Anche per questo ho scelto un percorso accademico e professionale da general manager.
Un altro principio nel quale credo molto è quello di costruirsi una prima solida esperienza di lavoro al di fuori dall’azienda di famiglia. Questo aiuta a formare il carattere, a “imparare a lavorare”, a misurarsi con la realtà vera e a capire se uno vale per quello che sa fare e non perché è “ figlio di...”. Se ci si impegna molto e si ha successo al di fuori dell’azienda di famiglia, sicuramente ci sarà un posto se e quando si vorrà entrare. Nessuno all’interno della compagnia azionaria avrà dei dubbi sul fatto o potrà mai contestare che la posizione di leadership sia stata meritata. 

Carlotta Siniscalco e Federica Salvati
Team Mentors4u

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