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Il lavoro ai tempi dei Millennials, tra digitalizzazione, innovazione e imprenditorialità

di Team Editoriale | Mentors4u

Lo scorso 8 novembre si è tenuto in Bocconi “IL LAVORO ​AI TEMPI DEI MILLENNIALS TRA DIGITALIZZAZIONE, INNOVAZIONE ED IMPRENDITORIALITÀ”, l’evento che abbiamo organizzato con e–club, Nuvolab e Nebula, dedicato all’evoluzione del mondo del lavoro e dell’imprenditoria nell’epoca dei Millennials.

Con Andrea De Spirt (CEO & Founder @ Jobyourlife), Elisa Gallo (Human Capital Director @ Deloitte, Corporate Partner di Mentors4u), Alessandro Malandra (CEO @ Dolly Noire), Francesca Parviero (Digital HR & Personal Branding Strategist @ BigName) e Marianna Poletti (CEO @ Just Knock), abbiamo fotografato l’evoluzione del concetto di lavoro alla luce delle nuove tecnologie affermatesi, e fornito una testimonianza sulla nascita e lo sviluppo di una start up, approfondendo quali sono le skill fondamentali che un professionista del terzo millennio deve coltivare e come la digitalizzazione ed internet possono cambiare le aziende, rendendole più trasparenti ed efficienti, in un contesto in cui è sempre più impellente trasformarsi in attività a misura di Millennials.
 


Dati alla mano, fare impresa oggi è sicuramente molto più semplice di un tempo, capitali e competenze sono più accessibili e le previsioni danno addirittura che nel 2020 il 40% dei giovani sarà self employed. Non per forza però tutti devono a fronte di questa facilità diventare imprenditori, tanto più che senza una forte motivazione, è difficile superare le difficoltà non solo tecniche, che l’avvio di un’impresa autonoma implicano.
Se tecnologia e digitale stanno rivoluzionando le condizioni per chi desidera lanciare una propria attività, dall’altro lato stanno stimolando le imprese ad evolversi strutturandosi in nuove forme di corporation – per esempio le benefit, che con la loro struttura ibrida superano la tradizionale antinomia tra profit e no profit – ed aggiornandosi, assumendo sistemi meno centralizzati, i cui i livelli gerarchici sono superati e lasciando spazio a modelli più innovativi, a nuove forme di gerarchia liquida, maggiormente impattanti sulla produttività, quale per esempio, l’olocrazia, adottata da aziende come Wordpress, in cui le decisioni vengono prese per competenze e non più per gerarchia: chi ha più competenze diventa un capo temporaneo nell’azienda.
 

Ma su cosa devono puntare i giovani talenti durante le loro sessioni di ricerca di lavoro?
Ciò che è emerso dal panel non è solo il dare rilevanza alle singole competenze specifiche, ma anche alla motivazione e alle capacità di problem solving: sviluppare ed allenare le soft skills è oggi un aspetto determinante per potersi inserire ed adattare nei nuovi contesti lavorativi.
Contestualmente diventa sempre più importante impegnarsi in un posizionamento attivo nella ricerca di occupazione, che non significa soltanto scandagliare tra le posizioni di lavoro disponibili, ma anche potenziare una vera e propria capacità di vendersi, di diventare ambasciatore di se stessi, mostrando e manifestando i propri valori, la volontà di associarsi ad un determinato brand ed il desiderio di fare parte del suo team. Dell’importanza di abbracciare l’etica di un’azienda ci ha dato un esempio Alessandro Malandra, CEO di Dolly Noire: dei suoi 15 dipendenti, 7 già conoscevano il marchio e facevano parte di una community on line ad esso dedicato. Per lui non si tratta non solo di aver acquisito forza lavoro, ma dei supporter dell’impresa che ne condividono le scelte e la vision, adoperandosi per raggiungere degli obiettivi sentiti comuni.
Non bisogna poi mai dimenticarsi che tutto quello che siamo e mostriamo sul web, sui social network, è chiamato social reputation, e costituisce un insieme di informazioni che emergono dai differenti profili social ed integrano in positivo e negativo il curriculum vitae di ognuno di noi: stanno diventando così rilevanti, i dati che emergono dalla rete, al punto che ci sono organizzazioni impegnate in tour di analytics sui social volti a cogliere caratteristiche manifeste e non manifeste per studiare i collegamenti cognitivi delle persone e per far emergere talenti passivi.
Certamente è importante anche avere un po’ faccia di tosta, imparare a fare network, sapere costruire un curriculum, ed aggiornarsi sulle nuove forme di presentazione, come quella innovativa, che in Italia non è molto considerata, ma che sta avendo un discreto successo all’estero.
 

Chiaramente, non solo sta cambiando il modo di cercare lavoro, ma le aziende stanno modificando il metodo di ricerca dei loro talenti e sono sempre più apprezzati candidati intraprendenti che abbiano capacità di mettersi in risalto nonché consapevolezza di se stessi e degli strumenti a loro disposizione.
È fondamentale, per crescere e farsi largo nel mondo del lavoro, come suggerito da “The Start Up View” (testo non felicemente tradotto in italiano come “Teniamoci In Contatto”), considerarsi come una start up in continua evoluzione: focalizzarsi su di sé, riconoscere il proprio valore definire gli obiettivi che si vuole perseguire e quali competenze ci mancano per raggiungerli.
Un tempo contava molto la brand awareness, anche nel mondo del giornalismo, come testimoniato da Emil Abirascid, oggi invece il giornalista costruisce prima la propria credibilità ed il proprio norme, solo poi cerca di inserirsi ed affermarsi all’interno di una testata.
 
Ai nostri giorni grazie al digitale trovare informazioni è molto più facile rispetto a una volta ed è più semplice coltivare la propria creatività, non smettere di studiare ed approfondire, affinare le proprie competenze e sviluppare la capacità di raccontarsi ed essere curiosi, nell’accezione di sperimentare e conoscere cosa c’è sul mercato, quali nuove tipologie di impiego offre.
Consapevolezza della propria esperienza ed umiltà nel mettersi in gioco sono la chiave di ogni crescita professionale, come confermato da Andrea De Spirt: quando ha fondato Jobyourlife, di business plan e programmazione non ne sapeva nulla, eppure si è documentato, informato, si è rimesso a studiare, così da poter supportare i professionisti che lo stavano aiutando ad avviare l’attività, ma al contempo era consapevole di ciò su cui stavano lavorando e di cosa stava creando.
 
Come
può uno studente che si inserisce nel lavoro mettere in gioco le proprie competenze in maniera vincente per raggiungere i suoi obiettivi?
Gli speaker hanno concordato tutti su due punti: far emergere la passione che spinge dal cuore ad andare avanti. Fare gli imprenditori è possibile solo quando si è disposti davvero a lottare per fare una certa cosa, quando si ha sviluppato capacità di rialzarsi e tenere duro, che permettono di superare anche i momenti più difficili: bisogna apprendere la cultura del fallimento, molto diffusa negli Stati Uniti e un po’ meno da noi, ma che ci insegna a metterci in gioco senza paura, alla peggio si fallisce. Della gestione emotiva del fare impresa non se ne parla mai abbastanza, si parla più degli aspetti tecnici, non di come reggerne la pressione, mentre invece è un aspetto da approfondire: è importante capire ed avere ben presente in ogni momento che non bisogna avere paura di sbagliare, di scegliere una cosa dalla quale non ci si può liberare, le scelte, si possono cambiare e dagli errori commessi si può imparare, a non farli e a fare meglio.
Altrettanto importante nel fare impresa è la componente umana della quale ci si circonda: sapere cogliere i suggerimenti dei riferimenti illuminanti che ci sono vicini come esempio e supporto, ed al contempo scegliere persone che ci siano sostegno e fonte di crescita. Il team è l’impresa stessa e deve essere selezionato in modo oculato.
 
Innovare se stessi, porsi sul mercato del lavoro in un modo edificante ma anche creare da zero un’impresa, significa essere curiosi, non fermarsi davanti ai no, osservare, essere sinceri senza ingannarsi, cercando di realizzare il proprio sogno ed assumere un atteggiamento proattivo, costruttivo, portando a termine nel migliore dei modi le attività che si svolgono, senza smettere di colmare le proprie carenze, liberando energia positiva riducendo i processi meccanici e prediligendo l’ascolto, soprattutto delle persone che ci stanno attorno.
Ogni individuo di cui ci circondiamo porta a noi, e alla nostra attività, un suo bagaglio di competenze e specificità.
 
Fare start up è come costruire un aereo mentre cadi da un precipizio, è il pensiero del fondatore di Linkedin, piattaforma di riferimento nella ricerca di lavoro.
 
Se la prima start up di cui siamo fondatori è noi stessi ricordiamoci di continuare a farla crescere ponendoci degli obiettivi concreti, e che ad ogni crisi corrisponde una nuova opportunità, ecco perché non deve farci paura un eventuale tracollo, ma stimolarci ad essere sempre ancor più curiosi, proattivi ed innovativi.
 

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