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Cosa serve per fondare una start up? L’intervista alla Mentor Sabrina Vinella

di Team Editoriale | M4U

Marketing, comunicazione e sviluppo di modelli di business digitali sono le passioni professionali della nostra Mentor Sabrina Vinella.
Si è formata in Vodafone dove è stata Responsabile Marketing sui segmenti Consumer e Business. 
Poi ha fondato la sua start up di carpooling in città che ha gestito per quattro anni.
Da due anni ha avviato un’attività di consulenza affiancando altre startup e i loro founder nel definire una chiara branding startegy, migliorare il go to market e sviluppare efficaci piani di comunicazione integrata. 
E segue progetti di lancio di nuove linee di business in realtà aziendali consolidate.
È affascinata dal potere dell’innovazione e della tecnologia, ma fortemente convinta che il successo di un business nel lungo periodo dipenda prevalentemente dalla capacità di creare una relazione empatica con i propri clienti.
Con lei abbiamo parlato di cosa significa avere e realizzare uno spirito imprenditoriale.

Quando hai scoperto il tuo spirito imprenditoriale? Com’è nata poi l’idea di fondare ZEGO? Quali competenze (hard e soft skill) ti sono tornate più utili nella gestione del tuo progetto?  
Confesso che la spinta non è stato il mio spirito imprenditoriale, quanto il desiderio di tornare a confrontarmi con contesti molto dinamici e innovativi. E così ho iniziato ad annusare il mondo delle startup, ho incontrato diverse realtà, parlato con i loro founder, studiato i loro business model e poi ho conosciuto Davide, il mio socio in Zego. Da qualche tempo stava ragionando al progetto e cercava soci con competenze complementari. Ci siamo piaciuti e siamo partiti!
Un'esperienza meravigliosa: stimolante, divertente e molto impegnativa, anche dal punto di vista emotivo perché fondare una start up è come andare sulle montagne russe senza sistemi di sicurezza: momenti di grandissimo entusiasmo e gloria, ma anche momenti difficili in cui non c'è alcuna certezza.
È fondamentale crederci! Avere un approccio ottimista, cercare soluzioni creative per superare gli ostacoli, cercare sinergie con altre realtà complementari e pensare comunque sempre in grande!
In Zego siamo stati al massimo in quattro, ma i nostri clienti erano convinti che l'app fosse gestita da un team strutturato di numerose persone!

Che cosa hai imparato trovandoti a dover gestire una nuova attività da zero? Come si sceglie quale attività avviare? Quali sono stati i momenti più difficili e quali le soddisfazioni più grandi?
Io ho imparato che potevo fare molto di più di quello che avevo fatto sui miei ruoli precedenti in azienda. Quando gestisci un'attività che parte da zero devi destreggiarti su ambiti molti diversi tra di loro: strategia, legale, amministrazione, it, marketing, fundraising, risorse umane. Dove non ero preparata, facevo lunghe chiacchierate con chi era esperto, così da poter comunque prendere decisioni velocemente senza sentirmi a disagio. I momenti difficili ci sono stati: tutte le volte in cui veniva messa in discussione la conformità legale del nostro modello di carpooling: sapevamo di muoverci in un'area grigia, senza regolamentazione, ma eravamo piccoli e con risorse decisamente ridotte rispetto a chi ci contestava. In quei momenti le soddisfazioni più grandi sono state sicuramente le vittorie legali, ma soprattutto il grande supporto da parte della community dei nostri utenti.
 
Quando si deve comunicare una propria iniziativa, oltre a saper raccontare efficacemente cosa si fa, bisogna essere in grado di far valere la propria professionalità: che consigli daresti ai nostri Mentee per far emergere al meglio le loro competenze, da un punto di vista di personal branding? 
Credere molto in sé stessi, condividere con gli altri le proprie competenze ed expertise, metterle a disposizione. Individuare dei role model ed entrare in contatto con loro chiedendo suggerimenti. E poi imparare a fare un po' di sano overselling di se stessi, su questo noi donne abbiamo moltissimo da imparare.
 
Adesso ti occupi di consulenza in ambito start-up. Come viene accolto questo tipo di iniziative sul mercato italiano? Ci sono dei pregiudizi o dei vantaggi quando si parla di start-up in Italia? Come donna, l’ambiente delle start-up ti sembra più inclusivo?
Personalmente credo che in questo momento in Italia chi può permettersi di vivere il e nel mondo delle start up, sia un privilegiato perché:
- può fare innovazione senza vincoli; 
- non si annoia mai;
- è in un ecosistema completamente aperto dove lo scambio di visioni, opinioni e competenze è continuo e accelera in modo esponenziale il percorso di apprendimento di chiunque vi prenda parte;
- e potrei andare avanti con una lista lunghissima…!
Quindi no, non credo che ci siano dei pregiudizi, anzi è un mondo che affascina molte persone che sono in contesti strutturati e consolidati.
Però richiede coraggio, intraprendenza, capacità decisionale, autonomia; skill che in contesti lavorativi molto strutturati possono essere impegnative da gestire.
Riguardo l'inclusività dipende sempre dalle persone; le start up sono ambienti sicuramente più flessibili e questo potrebbe favorire l'inclusione.
 
Ci sono moltissime giovani con delle idee brillanti, ma a volte intimorite all’idea di avviare la propria attività. Un suggerimento per loro, quale sarebbe?
Di provare assolutamente: comunque vada c'è solo da imparare. È fondamentale però trovare una/un socio; una persona, che si stima, che sia complementare nelle competenze e nell'approccio, e che ovviamente condivida la passione per l'idea. Non si può fare una start up da soli, è necessario essere almeno in due perché servono tante competenze, perché servono caratteri diversi, perché serve potersi confrontare e farsi forza quando si vuole mollare.
Poi suggerisco di parlare della propria idea...con tutti: ognuno aggiungerà un pezzettino utile per testarla, affinarla, consolidarla e qualcuno magari vorrà anche finanziarla!

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