Ho scelto di conseguire la laura triennale in Business Administration and Management perchè ritenevo il curriculm molto in linea con i miei interessi e la mia forma mentis, pragmatica e razionale. La consapevolezza riguardo al percorso di carriera che avrei voluto intraprendere è arrivata dopo i primi mesi di frequentazione, anche grazie alle opportunità di contatto con il mondo del lavoro offerte dall’Università Bocconi, in Italia e all’estero. Dopo un semestre di studio a Wharton, University of Pennsylvania, mi sono appassionata alla finanza e ho maturato la decisione di costruirmi una carriera in questo ambito. Sono stati i consigli di alumni e studenti più grandi che mi hanno orientato verso la scelta di conseguire una laurea specialistica in Finance sempre in Bocconi, come trampolino di lancio per accedere ad una delle primarie Investment Banks a Londra. Diversamente dai miei piani di studentessa, al termine degli studi decisi di rifiutare l’offerta full-time in Investment Banking, scegliendo invece di entrare in McKinsey e approfondire più da vicino tematiche manageriali e di business nei primi anni di carriera. L’opportunità di tornare in finanza in Carlyle si è poi ripresentata qualche anno dopo e credo che il mio percorso di studi abbia giocato un ruolo importante nel processo di selezione.
Essere una donna nel settore economico finanziario: la considerazione è la medesima che viene data al genere opposto? Qual è lo spirito migliore e vincente per inserirsi in un ambiente di appannaggio per tanti anni degli uomini?
Ho avuto la fortuna di lavorare sempre in ambienti fortemente meritocratici e orientati ai risultati, che non lasciavano spazio a discriminazioni di genere o di altro tipo. Lavorare in un ufficio di soli uomini, come faccio ora nell’ufficio di Milano di Carlyle, richiede comunque il giusto spirito di adattamento. Si tratta della stessa flessibilità richiesta, ad esempio, a chiunque si trovi a lavorare a stretto contatto con un team in cui è l’unico a rappresentare un background professionale o culturale fortemente diverso da quello degli altri membri. Occorre social IQ per trovare il giusto bilanciamento tra la necessità di integrarsi in maniera efficace e l’opportunità di arricchire il resto del team con l’unicità del proprio punto di vista.
Hai mai avuto un* Mentor negli anni di passaggio tra università e mondo del lavoro? Come un* Mentor può fare la differenza e quali preziose informazioni che durante gli studi non si apprendono dai libri può fornire?
Coltivare le relazioni con Mentor già inseriti nei settori lavorativi di mio interesse è stato fondamentale sia nel compiere scelte di carriera consapevoli, sia nell’aumentare l’efficacia della mia candidatura e della mia performance nel processo di selezione. Studi e ricerca individuale possono offrire una buona base di partenza per porsi gli interrogativi giusti e individuare le persone che possono aiutare ad indirizzarli. Solo con l’aiuto dei Mentor però si accede ad alcune informazioni pratiche e concrete che possono riorientare in maniera decisiva le proprie aspettative su una posizione lavorativa; cito, ad esempio, informazioni sulle attività svolte nel day-by-day, aspettative di avanzamenti di carriera futuri, culture e way-of-working del team, opportunità di apprendimento e competenze richieste dal day 1.
Quali sono i plus che l’esperienza dell’MBA ti ha lasciato? A chi consiglieresti un MBA ad Harvard?
L’MBA ad Harvard è stata l’esperienza più trasformativa che ho vissuto, mi ha aiutato immensamente a maturare come persona e come professionista. L’unicità sta nell’opportunità di vivere a stretto contatto con un gruppo straordinario di studenti e professori, menti brillanti e professionisti di successo in vari campi, concentrando in due anni un’attività di networking che sarebbe impensabile da realizzare in altri modi. Al tempo stesso, consente di approfondire tematiche di respiro internazionale e cross-settoriale per diventare un professionista a tutto tondo.
Nella maggior parte dei casi, soprattutto in Europa, un MBA in un’università prestigiosa non è necessriamente un acceleratore di carriera nel breve termine. Molto spesso, valutando candidati con pochi anni di esperienza lavorativa alle spalle, i datori di lavoro tendono a privilegiare la conoscenza tecnica guadagnata con esperienza sul campo piuttosto che le doti di leadership e visione d’insieme che si allenano durante un MBA. Sono convita che la situazione si capovolga nel medio-lungo termine; ad esempio nell’ambito del private equity, che conosco da vicino, la larga maggioranza delle persone che oggi ricoprono ruoli di leadership hanno alle spalle un MBA di prestigio.
Nel settore in cui lavori, quali sono a tuo avviso le tre skill imprescindibili da sviluppare e sulle quali lavorare? Quali sono invece gli aspetti da smussare di sé?
Nel settore del private equity, le competenze che ritengo imprescindibili sono: visione strategica nell’identificare i principali driver di creazione di valore di un investimento; orientamento al risultato, sia nella prioritizzazione delle proprie attività sia nella gestione dello scope-of-work degli advisor; precisione analitica, dato che qualsiasi leggera inaccuratezza può risultare in impatti economici rilevanti. La collaborazione efficace con colleghi e manager delle portfolio company è fondamentale. Per questo motivo, personalmente ho lavorato per smussare un po’ il mio carattere assertivo e dare più spazio all’ascolto nel prendere le decisioni.