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Di empowerment, inclusion e gender equity: l’intervista alla Mentor Erica Santoni

di Team Editoriale | M4U

La Mentor Erica Santoni ha conseguito un MBA presso Harvard Business School e una laurea specialistica summa cum laude in International Management presso l'Università Bocconi. Lavora a San Francisco come Strategy Manager presso la Fintech Americana Intuit. Ha alle spalle numerose esperienze lavorative tra Europa e Stati Uniti – BCG a Milano, General Electric e Vodafone tra Parigi e Londra, Catalyst a New York, VMware a Palo Alto.  
È advocate per l’empowerment e l’inclusione di donne e minoranze nel mondo del lavoro. 
Insieme a lei abbiamo costruito un ciclo di webinar – Empower yourself – dedicati al tema Diversity&Inclusion che la vedranno dialogare con Partner e membri – Senior Mentor, Mentor e Mentee – della Community M4U, per analizzare come affrontare le difficoltà che possono incontrarsi nelle varie fasi di crescita professionale, e contestualmente come possiamo essere D&I allies e come le aziende stanno adottando politiche sempre più inclusive.
E con lei, abbiamo fatto una chiacchierata per parlare di empowerment, inclusione e parità di genere.

Milano, Parigi, Londra, Stati Uniti – East e West Coast –, il tuo percorso di istruzione e professionale ti ha portata a rapportarti con diverse città e realtà: cosa è importante tenere sempre a mente quando si cambia un contesto di vita per stare bene, dare e ottenere il massimo nell’esperienza che si sta vivendo? 
Facendo il bilancio degli ultimi otto anni, ho perseguito opportunità che mi hanno portata a vivere in cinque Stati diversi, lavorando e studiando presso diverse organizzazioni e istituzioni.
Lo stimolo a cambiare contesto con una certa frequenza è stato quello di crescere tramite il confronto con realtà diverse. Più ho cambiato ambiente e più mi sono resa conto dell’importanza di rimanere fedele a me stessa, ai miei valori e ai miei sogni, un po’ come si ha bisogno di carte e bussola per navigare in mare aperto. La chiave per stare bene e dare il massimo quando si cambia contesto sta proprio nel saper bilanciare questi due elementi - le opportunità di crescita con la necessità di rimanere fedeli a se stessi
Quando cambio contesto mi fermo a riflettere su cosa voglio ottenere da quella esperienza, a che tipo di crescita aspiro. Avere chiarezza sulle mie priorità mi permette di scegliere tra i tanti stimoli che il nuovo contesto offre e di trasformare i miei obiettivi in qualcosa di concreto. L’aver chiarezza sulle mie priorità mi ha permesso di vivere al meglio il mio MBA ad Harvard, che è stato ad oggi il periodo più trasformativo che io abbia mai vissuto. Ho così ottimizzato il mio tempo e le mie energie per concentrarmi su opportunità di leadership on campus, come co-Presidente della Women’s Student Association a HBS, e su esperienze pratiche, quali tre internships e due progetti con Professori di cui ho grande stima. 
Un elemento che spesso si sottovaluta, ma che in realtà è fondamentale per la propria salute mentale, è il proprio support network, ovvero la rete di amicizie, affetti, e persone che ci offrono supporto e stabilità.
Cambiare ambiente spesso implica allontanarsene. Mantenere e rinnovare il mio support network è stato fondamentale per cogliere appieno le opportunità di crescita che mi si sono presentate, senza mai perdere di vista chi sono come persona. Questo ultimo anno specialmente, trovandomi in California durante il COVID, è stato per me un periodo dove il support network ha avuto un ruolo centrale per il mio benessere e la mia felicità.
 
Cosa sognavi lavorativamente parlando quando hai iniziato il tuo percorso di studi in Bocconi? Sono cambiate le tue prospettive e ambizioni? Se potessi fare da Mentor alla te di qualche anno fa, cosa suggeriresti di fare e di non fare?
All’inizio del mio percorso di studi in Bocconi non avevo molta chiarezza su cosa volessi fare, lavorativamente parlando - questa è un’esperienza molto comune e naturale. Passare dal Liceo Classico ad Economia Aziendale ha rappresentato una transizione significativa di per sé. Da allora le mie prospettive e ambizioni sul tipo di impatto che voglio avere nel mondo del lavoro si sono ampliate e arricchite. 
Un errore che spesso si commette è quello di pensare al breve periodo, e quindi dedicare le proprie energie alla ricerca del prossimo ruolo. Il mio suggerimento è piuttosto quello di focalizzarsi sullo scoprire la propria mission, ovvero il tipo di impatto che si vuole avere nel proprio percorso lavorativo. Questo approccio richiede sia introspezione che sperimentazione. Da un lato, chiarire quali sono i propri valori, da cosa traiamo significato ed energia. Dall’altro, sperimentare per allineare sempre di più la vita professionale alle proprie aspirazioni. Per esempio, esplorare possibili percorsi lavorativi tramite internships e chiacchierate informali con persone che sono già nel mondo del lavoro, tramite la rete di Mentors4u o la Community di alumni del proprio ateneo. Per approfondire questo approccio di introspezione e sperimentazione, suggerisco di leggere il libro “Designing Your Life”, scritto da Bill Burnett e Dave Evans, che insegnano Design a Stanford.
 
Quali consigli daresti ad ogni studentessa, a prescindere dal background di studi, per valorizzarsi come persona e per intraprendere un percorso professionale che le permetta di raggiungere posizioni apicali?
Ci tengo a condividere alcuni consigli che ho elaborato sulla base della mia esperienza personale e dei suggerimenti che mi sono stati dati anni fa da Mentor: 
Pensate in grande. Vedetevi potenzialmente ovunque, in ogni ruolo, settore, posizione di leadership che esista. So bene come non sia semplice farlo per via di pressioni sociali e spesso per mancanza di modelli femminili. Ma non siate voi stesse le prime a precludervi determinate opportunità, osate e abbiate fiducia in voi stesse. 
Siate proattive nel cercare opportunità. Alzate la mano per candidarvi, siate propositive nel cercare opportunità che vi diano più responsabilità, cercate sponsor che credano in voi e che vi supportino nel percorso di crescita.
La scelta del/la partner è fondamentale. Avere al mio fianco una persona che mi supporta nelle scelte e che mi spinge a realizzare il mio potenziale è stato determinante per me negli ultimi anni e posso immaginare lo diventerà sempre di più col passare del tempo. Le amicizie, i mentor sono anche importanti: circondatevi di persone che credono in voi e che incoraggiano e amplificano le vostre ambizioni.
 
Perché è importante supportare le tematiche di parità di genere e inclusione delle minoranze? A che punto siamo in Italia sulla parità di genere in ambito economico-finanziario? Hai mai vissuto sulla tua pelle discriminazioni perché giovane, donna, per il tuo essere straniera all’estero? In che modo reagire quando ci si sente messi all’angolo?
È importante includere donne e minoranze da un punto di vista economico e di business ancor prima che etico. Sono infatti fonte di talento e importanti agenti economici. Esiste una diretta correlazione tra team che includono donne e minorities e un più alto livello di creatività e innovazione rispetto a team omogenei.
In Italia ci sono sicuramente dei segnali di speranza, ma la strada è ancora lunga e si vede dai numeri. Solo 1 donna su 2 lavora, e quelle che lavorano sono sottorappresentate in posizione di leadership. Abbiamo uno dei gender gap in employment rate più alti a livello Europeo, di ben 20 p.p., nonostante la maggior parte dei laureati siano donne.
Ho certamente vissuto sulla mia pelle episodi di discriminazione, dal non essere presa sul serio da clienti al vedere altri prendersi il merito delle mie idee. È praticamente impossibile per una donna non aver mai provato alcun tipo di discriminazione nella propria vita. La prima cosa da fare è prendere coscienza che si è soggetti a discriminazione. Le discriminazioni infatti sono spesso sottili e integrate in un certo tessuto culturale a cui siamo abituati. In secondo luogo, bisogna reagire, a seconda del contesto chiaramente. Per esempio, avere sponsor nell’organizzazione che ci aiutino a navigare la situazione oppure allies con cui supportarsi a vicenda
Andarsene è anche una reazione più che legittima, se la situazione lo rende necessario e nelle modalità più convenienti alla persona discriminata.
 
Cosa invece colleghe e colleghi in Università, al lavoro possono fare, nel proprio piccolo, per agevolare la parità e l’inclusione di donne e minoranze? Cosa a livello di team e di singolo possiamo fare per rendere gli ambienti in cui viviamo più inclusivi?
Bisogna avere il coraggio di affrontare questo tema con mente aperta e curiosità. È facile cadere nella trappola del sentirsi personalmente attaccati quando si parla di questi temi e nella fallace percezione che si tratti di una situazione antagonistica, un “us against them”. Ma questo non è un gioco a somma zeroabbiamo tutti da guadagnarci da una società più equa, inclusiva e meritocratica.
In secondo luogo, bisogna prendere coscienza dei propri unconscious biases - i pregiudizi e gli stereotipi con cui leggiamo la realtà che ci circonda. Non abbiamo colpa di averli, ma abbiamo il dovere di individuarli e contrastarli con azioni concrete. Per esempio, amplificare le voci di donne e minoranze, non usare lessico ed espressioni discriminatorie, chiederci se stiamo favorendo alcune persone perché sono simili a noi, dare feedback sulla performance e non sul carattere.
Oltre all’iniziativa del singolo, è necessario mettere in piedi delle iniziative a livello dell’organizzazione a cui si appartiene. Lo stratificarsi di azioni e decisioni influenzate da stereotipi e pregiudizi si traduce in ambienti di studio e professionali fortemente sbilanciati in favore in un gruppo di individui e a discapito di altri, che richiedono interventi sistematici. I processi di selezione, di valutazione, di promozione, di Mentoring, e così via vanno strutturati in maniera tale da essere equi. 

 

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