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Imparare a mettersi in gioco per realizzare le proprie ambizioni: intervista ad Alessandro Sbrizzi, Mentor M4U e Co-founder @ Alpian

di Team Editoriale | M4U

Alessandro Sbrizzi è uno dei co-fondatori e Head of Strategic Projects di Alpian, la prima banca privata digitale in Svizzera. Con l’obiettivo di democratizzare l’accesso ai servizi di banking premium e di gestione patrimoniale, Alpian sfrutta tecnologie all’avanguardia per fornire servizi finanziari ad alto valore aggiunto ai propri clienti.
In Alpian, Alessandro ha inizialmente avviato le attività di sviluppo del prodotto, fondando poi Alpian Technologies, engineering team della banca.
Prima di Alpian, Alessandro ha contribuito al lancio di Alkemy Iberia. Lavorando al fianco del CEO Ferdinando Meo, la società di trasformazione digitale e arrivata a fatturare a €10M+, con oltre 80 dipendenti in meno di due anni.
La carriera professionale di Alessandro è iniziata presso BCG a Mumbai, dove è stato il primo dipendente straniero assunto dopo il programma di internship.
Alessandro ha conseguito una doppia laurea in International Management presso l’Università Bocconi e l’Indian Institute of Management di Ahmedabad. Durante gli studi è stato membro del CdA Bocconi (‘13-‘15) e successivamente eletto nel consiglio degli Alumni della stessa università (‘19-‘21).
Alessandro parla fluentemente quattro lingue (italiano, inglese, spagnolo e francese) e nel tempo libero ama leggere notizie sulla geopolitica, di sport e sciare.

Dagli studi in economia all’imprenditoria con un salto nella consulenza: quali sono stati gli step principali del tuo percorso e che puoi cristallizzare come fondamentali?

Innanzitutto, aver studiato management in Bocconi mi ha permesso di mettere delle basi solide per intraprendere poi il percorso professionale e imprenditoriale. Grazie ad un’intensa attività associativa in Bocconi ho avuto la fortuna di conoscere studenti più grandi che mi hanno guidato nel percorso accademico e formazione critico di quegli anni. 

Successivamente in BCG a Mumbai il metodo di lavoro, il ritmo ed il livello delle aspettative mi ha aiutato a definire gli obiettivi in qualsiasi successiva esperienza.

In Alkemy Iberia a Madrid, come primo dipendente al fianco del CEO & Co-founder, Ferdinando Meo (conosciuto proprio come mio mentor in M4U) ho potuto vedere cosa significa lanciare un business profittevole partendo da zero, così come l'importanza della pianificazione nei cicli industriali e di vendita.

Questo variegato bagaglio di esperienze, mi ha fatto sentire pronto ad affrontare il viaggio imprenditoriale di Alpian, la prima banca privata digitale in Svizzera. La vita imprenditoriale richiede tantissima flessibilità e capacità di adattamento. Aver vissuto sempre in contesti in continua evoluzione è stato, e continua ad essere, fondamentale nel mio processo di formazione.

Quando e come è nata l’idea di Alpian? Di cosa vi occupate? 

Alpian è nata dall'idea di innovare il settore del Private Banking con un'offerta digitale che lo rendesse accessibile anche per i mass affluent, tipicamente esclusi dai servizi private.

A distanza di poco più di 3 anni dalla fondazione, siamo una banca svizzera, regolamentata dalla FINMA, in fase di scale-up e abbiamo raccolto circa 50 milioni di franchi. 
Oggi, attraverso un team interno basato in Svizzera, offriamo servizi tipici del private banking come mandati d'investimento discrezionali, consulenza patrimoniale, e conti multi-valuta. Abbiamo inoltre aggiunto alla nostra offerta altri servizi comunemente offerti delle neo-bank come metal debit cards, esperienza digitale mobile-only ed un servizio clienti sempre disponibile da remoto.

Gli investimenti in tecnologia sono stati fondamentali e ci hanno permesso di creare Alpian Technologies, dove oltre 40 software engineers continuano a costruire prodotti e soluzioni tecniche proprietarie ed all’avanguardia.

Mentre studiavi e durante le tue prime esperienze lavorative, quali sono state le sfide che hai accettato e quelle che invece non hai affrontato per paura di metterti in gioco?

Durante gli anni di studio e le mie prime esperienze lavorative, ci sono state tre sfide che ho accettato con risultati e conseguenze diverse. Innanzitutto, durante gli studi ho scelto di avere un ruolo attivo nella rappresentanza studentesca, arrivando ad essere eletto al Consiglio d’Amministrazione della nostra Università. Questa attività extra-curricolare ha richiesto tante energie, che forse non mi hanno permesso di sfruttare a pieno l’esperienza accademica del MSc in International Management cui ero iscritto.  

La seconda scelta “forte” è stata scegliere l’India come meta per il programma di Double Degree, sempre durante gli studi specialistici. In questo caso la sfida è stata soprattutto umana: mi ha permesso di conoscere meglio i miei limiti e anche ad adattarmi ed integrarmi in una cultura molto diversa.

L’ultima sfida che ho sì accettato, ma poi purtroppo abbandonato è stata lanciare Chiaja Swimwear, un brand di accessori maschili fatti a mano in Italia e distribuito via ecommerce. La voglia di provarci, nell’anno di transizione prima dell’inizio del lavoro full-time, è stata sufficiente a partire. Poi con l’inizio del lavoro in consulenza il doppio impegno s’è rivelato per me insostenibile e quindi l’azienda è stata accantonata.

In che modo l’attività di imprenditore ti spinge ad uscire dalla comfort zone? Quali skills sono richieste per costruire una propria attività, un proprio progetto?

È vero che ogni attività imprenditoriale ci spinge fuori dalla zona di comfort. Per creare valore bisogna assumersi dei rischi, provando a fare qualcosa di nuovo o farlo in maniera diversa. 

Purtroppo, non esistono blueprints e forse solo l’esperienza ed un network molto solido possono aiutare un po’ a mitigare la sensazione di costante insicurezza e inadeguatezza.

Riguardo gli ingredienti necessari per provarci, da bravo ex-consulente ne menzionerei di nuovo tre: 

⁃ Essere capaci di fare networking e creare relazioni solide che risultano fondamentali a superare i momenti più difficili

⁃ Avere molta ambizione e voglia di riuscirci. Come imprenditori, alla fine, si è sempre quelli che più di tutti credono nell’iniziativa e questa energia viene poi percepita e trasmessa al team che permette di realizzare la vision

⁃ Avere il giusto mix in termini di risorse ed esperienze nel founding team. Purtroppo avere una buona idea o modello non è sufficiente. L’iniziativa va sostenuta economicamente nella fase di J curve e bisogna essere pronti. L’esperienza aiuta a fare meno errori (che saranno comunque tantissimi) e velocizzare alcune fasi di setup e crescita

Quale Mentor, quale consiglio ti senti di dare per chi desidera intraprendere un percorso come il tuo?

Innanzitutto, approcciare ogni attività sempre con professionalità e passione. Sia durante gli anni universitari, magari nelle attività extra curricolari, sia su lavoro.

Assumere responsabilità moltiplica le opportunità di impattare in positivo e negativo la vita delle persone. Quando queste responsabilità poi si ottengono non è accettabile trovare scuse che giustifichino non provarci al massimo, sempre.

Per chi volesse iniziare un percorso imprenditoriale, un consiglio è non compromettere nella selezione del personale i propri standard e valori. Trovare le persone giuste può richiedere tempo, ma ne vale sempre la pena nel lungo termine.

Infine, prendersi cura del proprio corpo e della propria salute mentale. La pressione cui si è esposti è sempre molto elevata ed essere allenati a gestirla, conoscendosi introspettivamente, aiuta ad evitare errori e reggere le fatiche del percorso.

In bocca al lupo!


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