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Be who you needed when you were younger: la Mentor Federica Misuraca si racconta

di Federica Misuraca | Mentor di Mentors4u

Qualche tempo fa, su una pagina Instagram che riportava quote ispirazionali sono incappata in quella che poi è diventata uno dei miei principi guida, nella vita così come nel lavoro: sii quella persona di cui avevi bisogno quando eri più giovane.

Se ripenso alla me di sei anni fa vedo una persona convinta di avere trovato il suo posto nel mondo, con in tasca una laurea cum laude in International Management e un contratto in una prestigiosa società di consulenza strategica. Mi sembrava tutto così chiaro, allora; quello che però non sapevo è che quella chiarezza sul percorso che volevo intraprendere, sugli obiettivi che mi stavo ponendo, in realtà non mi apparteneva veramente. Non mi ero data la possibilità di fermarmi, di guardarmi per davvero e di pormi delle domande. Avevo semplicemente messo il “pilota automatico”, in quella che secondo le aspettative del mio contesto sociale di riferimento - università, famiglia, amici - era una vita di successo. 

Non è stato facile, prenderne consapevolezza. Perché nel momento in cui smetti di fare le cose per gli altri, la responsabilità delle scelte che fai diventa solamente tua. Devi essere dispost* ad abbandonare le tue certezze e uscire dalla tua comfort zone, a sperimentare e procedere per tentativi, molti dei quali potrebbero rivelarsi fallimentari. E la “hustle culture”, la cultura dell’overperformance in cui siamo immers*, vede ancora il fallimento come qualcosa da evitare, anziché uno step necessario per imparare. 

Tuttavia, i cambiamenti tecnologici, ecologici ed economici degli ultimi anni ci hanno insegnato che l’imprevedibilità degli eventi non sarà più l’eccezione, ma la norma. Il mondo del lavoro è ormai estremamente liquido e contaminato, con temi come la sostenibilità - tanto ambientale quanto lavorativa - al centro del dibattito sul Future of Work. Le possibilità per costruirsi il proprio percorso lavorativo sono aumentate in maniera esponenziale; se da un lato questo è un bene, dall’altro può però risultare overwhelming, generando ansia, paralisi decisionale e in ultimo portare al burnout.

In questo scenario così complesso, credo che la figura del Mentor possa fare la differenza per “navigare” il caos informativo e fare chiarezza. Avendone fatta esperienza in prima persona, abbiamo l’opportunità di mettere a servizio ciò che abbiamo imparato dalla nostra personale ricerca - che si tratti di una connessione professionale o di un esercizio di coaching. Al tempo stesso, supportare le mie Mentee nel loro percorso sta facendo crescere anche me nel mio, che è tutt’ora in costruzione, come professionista e come individuo. Sto lavorando molto su soft skill come capacità di ascolto ed empatia. Tramite le loro esperienze, le sfide che devono affrontare, i loro dubbi sul futuro, ho una finestra di osservazione sulla Generazione Z che mi sta indirettamente facendo crescere anche nel mio ruolo di Marketing Manager. Da ultimo, sapere che in qualche modo sto avendo un impatto sulla vita di queste ragazze mi fa sentire utile e gratificata, e credo non ci sia sensazione migliore.  


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