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Di D&I, Mentoring e consigli per superare gli insuccessi con la Mentor Eliana Sarli

di Team Editoriale | M4U

Eliana Sarli, Mentor di Mentors4u, 34 anni, originaria della Basilicata, laureata in Statistica e Scienze Attuariali, con esperienza decennale in ambito assicurativo in Italia ed all’estero, attualmente ricopre il ruolo di Head of Group Capital Planning and Optimization in area Finance presso Assicurazioni Generali.
 

Dalla Basilicata, a Firenze ed a Milano, con esperienza anche all’estero: nei momenti più importanti di scelta che hai affrontato nella vita, chi ti è stata/o di supporto? A chi hai chiesto consiglio?
Ho avuto la fortuna di poter fare sempre affidamento su una totale fiducia da parte dei miei genitori, che mi hanno supportato e sostenuto in tutte le mie scelte formative e nei miei primi passi nel mondo del lavoro. Di rilevante importanza sono stati anche i consigli di persone che ho incontrato lungo il mio percorso professionale, in particolare i miei managers (dal mio primissimo stage alle più recenti esperienze lavorative), a cui continuo a chiedere consiglio ancora oggi nei momenti di dubbio. Il proprio network professionale ha sicuramente un contributo rilevante in questo contesto, perché permette di avere punti di riferimento di grande valore nei momenti di incertezza sulle scelte inerenti la propria carriera.
Il consiglio ed il supporto delle persone di cui ci fidiamo sono quindi fondamentali, ma credo sia sempre opportuno ricordare a noi stessi che in ultima istanza la responsabilità delle nostre scelte è personale e quando prendiamo una decisione è importante avere consapevolezza di chi siamo ed ascoltare in primis le nostre sensazioni. Per questo motivo, reputo che dedicare tempo adeguato ad una prima fase di autoanalisi con l’obiettivo di chiarire i propri obiettivi sia di grande valore, perché il consiglio degli altri andrebbe a mio parere visto come un ulteriore strumento di supporto decisionale, piuttosto che una green light sulle nostre scelte.
 
Oggi, guardandoti indietro, cosa consiglieresti alla Eliana studentessa? Che cosa le diresti per tranquillizzarla in merito al futuro?
Se mi guardo indietro sono soddisfatta di come ho gestito il mio percorso da studentessa, tra le difficoltà e le opportunità che vivono i fuorisede lontano da casa, la capacità di adattarsi ad una grande città ed ai suoi ritmi, la determinazione nel perseguire i miei obiettivi, l’indipendenza acquisita nel “cavarmela da sola” in tante situazioni e l’intraprendenza nel costruire il mio percorso guardandomi intorno proattivamente.
Probabilmente il consiglio principale che darei alla me stessa da studentessa è di essere un po’ più paziente nel voler raggiungere gli obiettivi preposti, di concedersi la libertà di non avere tutto sotto controllo e di sdrammatizzare di più le situazioni di insuccesso.
Sono sicuramente aspetti caratteriali che evolvono con il tempo e con l’esperienza, anche perché in ogni fase della nostra vita affrontiamo delle difficoltà che ci sembrano insormontabili, spesso non credendo a chi ci è passato prima di noi e ci rassicura che in realtà niente sia irrimediabile, ma puntualmente guardandoci indietro prendiamo atto che effettivamente quasi tutto sia gestibile.
 
Di cosa ti occupi oggi? Per quali aspetti trovi il tuo lavoro soddisfacente e stimolante?
Ho recentemente assunto il ruolo di Head of Group Capital Planning and Optimization in area Finance presso Assicurazioni Generali.
In tale ruolo mi occupo della definizione e dello sviluppo del framework di Generali per l’allocazione ottimale del capitale (ossia: dividendi, aumenti di capitale, proiezione della posizione di solvibilità ed impiego delle risorse di capitale nel contesto di iniziative strategiche), implementandone il cascading e coordinandone l'esecuzione a livello delle singole compagnie del Gruppo Generali.
Oltre all’interesse per gli aspetti tecnici e finanziari dell’industria assicurativa che ha in generale caratterizzato il mio percorso accademico e professionale, i principali aspetti che trovo più motivanti nel mio lavoro sono:
 
§     La possibilità di lavorare a temi non routinari e che contribuiscano alla strategia aziendale: credo che l’attitudine e l’accesso all'apprendimento di contenuti nuovi contribuisca a modificare costantemente i nostri limiti di comfort zone, portandoci così ad una continua crescita professionale.
§     La natura cross-funzionale ed internazionale delle attività e dei progetti in cui sono coinvolta: il confronto con persone che abbiano un background professionale o culturale diverso dal nostro, talvolta con target di business differenti, permette di poter sviluppare un approccio relazionale poliedrico ed efficace in molteplici contesti lavorativi.
§     La componente di People Management & Care: per me è un elemento chiave della formazione manageriale, dove alla gestione delle persone si affianca l’autentica cura delle stesse, cercando di indirizzarle verso il percorso lavorativo più adatto alla loro attitudine ed alle loro specifiche aspirazioni professionali.
 
Nel settore economico-finanziario, di parità di genere al 100% ancora non si può parlare: quali sono i consigli che dai ad una studentessa che desidera intraprendere una carriera in questo ambito senza farsi demotivare?
La parità di genere, così come l’equità sui molteplici aspetti della diversità, è purtroppo ancora un traguardo distante in molte realtà aziendali e culturali.
Una possibile chiave di gestione e correzione di situazioni di esclusione che consiglierei ad una studentessa che entra nel mondo del lavoro (ma credo sia assolutamente valida a prescindere dal gender) è triplice e basata su:
 
  • La consapevolezza di chi siamo e che la nostra voce conta: è importante essere fedeli a se stessi, senza cadere nella trappola di allinearsi forzatamente al pensiero dominante per semplicità o timore; esprimere la propria opinione, anche se contraria all’idea prevalente, con rispetto ed educazione è un diritto (e talvolta un dovere).
  • La capacità di adottare un’attitudine all’ascolto autentico dell’altro: per comprendere il punto di vista dei nostri interlocutori ed essere effettivamente predisposti a cambiare il proprio, piuttosto di ascoltare l’altro solo aspettando che arrivi il nostro turno per parlare.
  • La competenza che costruiamo lungo il nostro percorso accademico e professionale: aiuta molto più di quanto si possa immaginare a rimuovere le barriere comunicative o di altro tipo che portano a situazioni di esclusione, perché riesce ad agire come linguaggio unificante; a rendere ancora più sinergico tale strumento è la condivisione delle proprie competenze con gli altri, senza farne quindi un vantaggio informativo personale (che nel medio-lungo termine a mio parere non ripaga e piuttosto isola).
Detto ciò, nella mia esperienza professionale, ho visto le aziende lavorare sempre di più per far sì che le tematiche di Diversity, Equity & Inclusion diventassero parte integrante della cultura aziendale e che ad esse vi fossero associati indicatori di performance tangibili, così come adeguate risorse fossero investite in termini di formazione a 360 gradi. Ad esempio, relativamente a temi specifici legati al gender, nel mio percorso lavorativo ho beneficiato e sto ancora beneficiando di una serie di iniziative poste in essere da Generali con focus sullo sviluppo manageriale, con un approccio, a mio parere efficace, basato sull’idea di accompagnare le partecipanti nel proprio percorso di crescita, fornendo loro una serie di strumenti (quali coaching e mentoring) che possano adattarsi al meglio alle singole esigenze e situazioni.
Quindi ad oggi, guardando al settore economico-finanziario nel suo complesso in termini di gender diversity, seppure la strada ancora da fare non sia poca né in discesa, credo che la situazione sia quantomeno migliore rispetto al passato. Resta comunque fondamentale che all’impegno delle aziende si affianchi un continuo adeguamento da parte delle istituzioni governative delle politiche a supporto della famiglia, così da riflettere efficacemente il ruolo attuale delle donne nella società.
 
Nel percorso di tutte e tutti ci sono momenti di successo quanto di insuccesso: come affrontare i secondi rendendoli una spinta per fare ancora meglio?
I momenti di insuccesso possono insegnarci molto, spesso più di quelli di successo, perché sono un’occasione per rimetterci in discussione. Se affrontati con onestà intellettuale, ossia senza nascondersi dietro giustificazioni o colpe esterne, possono metterci in contatto con i nostri valori più autentici e fornirci l’energia per cambiare prospettiva.
A mio parere ci sono alcune leve che nello specifico possono aiutarci a migliorare noi stessi a partire da un insuccesso:
  • Prendere atto dell’insuccesso in modo neutrale: spesso consideriamo gli errori e le loro possibili conseguenze con una connotazione molto più grave di quella che abbiano oggettivamente; bisognerebbe quindi sempre razionalizzare e mettere in prospettiva i nostri insuccessi.
  • Individuare cosa avremmo potuto fare diversamente: se la neutralità è importante, lo è altrettanto non cercare giustificazioni esterne a tutti i costi, piuttosto è di grande utilità individuare gli elementi sotto il nostro controllo che, se impostati diversamente, avrebbero potuto condurci ad un risultato diverso.
  • Non permettere che l’insuccesso mini la fiducia in noi stessi: l’immobilità per il timore di sbagliare nuovamente è il rischio più grande, perché cerchiamo generalmente di evitare le situazioni da noi classificate in passato come “negative”; in tale contesto, è fondamentale considerare l’insuccesso come un evento stante, non come una caratteristica associata a noi stessi o al nostro approccio al lavoro.

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